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Oggi, vi propongo un mio articolo pubblicato qualche giorno fa su Menuale.it che parla del rapporto cibo/cinema. “Cibo & Cinema, qualcuno potrebbe pensare ai pop corn sgranocchiati dal vicino di posto durante la visione del proprio film preferito, in realtà neanche una cosa molto piacevole, ma ai più appassionati non può sfuggire un’altra visione di questa binomio… Il cibo è sempre stato presente nel mondo del cinema, come spunto, tema, sfondo o vero e proprio protagonista. Nei film il cibo si trasforma in simbolo del piacere, elemento conviviale, rituale o oggetto scenico o narrativo. Miseria e Nobiltà di Mario Mattoli con Totò Il cibo diviene rappresentazione della società e del suo sviluppo socio-economico, come nel neorealista “Ladri di biciclette” (1948) di Vittorio De Sica dove il cibo è metafora di miseria sociale: un padre e un figlio, in cerca della loro bicicletta rubatagli, si fermano a mangiare in una trattoria dove non si può non notare la differenza sociale: loro, gente comune, seduti a un tavolo senza tovaglia e con i tovaglioli di carta e dall’altra parte una famiglia dell’alta borghesia con un figlio che sicuramente sa usare alla perfezione tutte le forchette e i coltelli. Velocemente si nota una lezione di sociologia, dove il potere del denaro influisce anche suoi modi di mangiare, come anche in “Miseria e Nobiltà” (1954) di Mario Mattoli, dove grazie ad un indimenticabile Totò gli spaghetti diventano simbolo di un’Italia che lotta contro la fame e la miseria, ricordiamo appunto la scena in cui il protagonista mangia degli spaghetti con le mani e li mette in tasca.  Gattopardo di Luchino ViscontiA far da rivale alla miseria del cinema italiano ci presenta “Gattopardo” (1963) di Luchino Visconti dove vediamo preparata con gran cura una tavolata degna dell’alta nobiltà, a cui viene servito il famoso Timballo di maccheroni (fatto preparare dal regista secondo la ricetta originale), peccato riveli anche una contrapposizione tra la perfezione della forma esterna e il crollare dei valori interiori della nobiltà. Federico Fellini invece in “La dolce vita” (1960) riesce a farci assaporare il gusto dei Ravioloni di Ricotta e Verdura attraverso una telefonata della fidanzata di Marcello Mastroianni, qui viene affidato al cibo il compito di distrare il protagonista dalla viziosa e corrotta vita della Capitale, rappresentata invece dallo Champagne bevuto per le strade della capitale. Una scena memorabile la troviamo anche nel film di Renato CastellaniE’ Primavera” (1950) dove Elena Varzi in treno da Catania a Milano incontra una signora che afferma “Sono già stata a Milano, è gente cattiva, non mangiano la pasta come noi, mangiano la polenta!”. In opposizione in “Milanesi a Napoli” (1955) di Enzo Di Gianni, vediamo alcuni industriali milanesi che tentano di aprire una fabbrica che produce prodotti tipici artigianali come la pizza, ovviamente non riusciranno ad avere lo stesso risultato dei tradizionali pizzaioli confermando così l’autenticità e l’unicità della nostra cucina tradizionale.  Questi due esempi come altri film parlano delle diversità sociali attraverso la nostra differenza territoriale tra nord e sud d’Italia. Un americano a Roma di Stefano Vanzina con Alberto Sordi Il cibo diviene anche simbolo di identità nazionale, come in “Un americano a Roma” (1954) di Steno (nome d’arte di Stefano Vanzina), dove Nando Mericoni  interpretato da Alberto Sordi, italiano innamorato dell’America, preferisce un bel piatto di maccheroni ad hamburger e mostarda intonando Maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo adesso, maccarone! Io mo te magno, ahmmm!”   Vogliamo non parlare della pizza? Lo stereotipo più comune in riferimento all’Italia, vista nel mondo del cinema (e aimè non solo), a volte in negativo come in “Il Padrino” (1972), “Gli intoccabili” (1987), “Quei bravi ragazzi” (1990) dove diviene simbolo di emarginazione sociale, delinquenza e mafia. Allo stesso tempo il cinema italiano è stato capace, con l’episodio “La ricotta” (1963) di Pier Paolo Pasolini (all’interno di Ro.Go.Pa.G. (1963) di Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti), di dare una connotazione politica al cibo, che diviene elemento satirico e grottesco per un’aspra critica sociale, il regista ci racconta di chi ha letteralmente fame di pane, in modo primordiale. Anatra all’Arancia di Luciano Salce con Ugo Tognazzi e Monica VittiUn’altra rappresentazione, forse per molti la più importante, è quella della rappresentazione della famiglia, in Anatra all’Arancia (1975) di Luciano Salce, la ricetta toscana diventa il simbolo della riconciliazione e dell’unione famigliare, viene utilizzato dai protagonisti Ugo Tognazzi e Monica Vitti, come metodo per fare la pace dopo continui litigi. Non nominerò le innumerevoli scene di pranzi di famiglia nel nostro cinema e quello internazionale. Jon Avnet, invece, nel film “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno” (1991) affronta un altro tema per noi molto importante ovvero l’amicizia dove racconta del bellissimo rapporto tra due giovani donne che gestiscono un locale dove appunto la specialità sono proprio i pomodori verdi fritti. La cena di Ettore Scola Ettore Scola, invece, nella pellicola “La cena” (1998) utilizza il cibo come denuncia verso il mondo gastronomico moderno, presentandolo non a caso come un intruglio di stili, idee, immagini attraverso pietanze cucinate e servite in modo sempre più confusionario così da trasmettere il messaggio critico nei confronti del pubblico moderno sempre più bisognoso di immagini aggressive e poco ricettivo ai sensi più genuini come gusto e olfatto. Per fortuna al centro del mirino non c’è solo la gastronomia, ma anche il cinema. Chocolat di Lasse Hallström con Johnny Depp e Juliette BinocheIn alcuni film invece il cibo assume proprio un ruolo da protagonista come nel francese “Chocolat” del regista Lasse Hallström (2000) con un bellissimo Johnny Depp e Juliette Binoche dove il cioccolato diviene simbolo di passione e amore. Attraverso il cioccolato, infatti, Vianne è in grado di capire le debolezze di ogni abitante del piccolo villaggio francese in cui si è trasferita con la figlia e di dare le risposte giuste ai loro dubbi, amore compreso semplicemente in base al tipo di cioccolato che si sceglie. Come anche in “La fabbrica di cioccolato” dove vediamo un Willy Wonka di Mel Stuart (1971)  e poi di Tim Burton (2005) creare le sue delizie più particolari a base di cioccolato di ogni tipo, mentre cerca un degno successore, buono, umile e che, nella società moderna, non ha perso la sua parte infantile (secondo lui ingrediente base per creare). Ultimo esempio di film in cui il cibo è protagonista è il più recente “Julie & Julia” (2009) diretto da Nora Ephron e interpretato dalla bravissima Meryl Streep. Più che un film Julie & Julia è una celebrazione d’amore per il cibo e per la cucina, due vite parallele raccontate (un’ambientata ai giorni nostri, l’altra negli anni ’50), due modi di cucinare, ma un’unica passione, la cucina e le ricette create dall’una e interpretate dall’altra. Lilli e il vagabondo, Walt Disney Non possiamo non citare, per ultimo, la scena più romantica di tutti i tempi con protagonista due cani e un piatto di spaghetti al sugo con polpette in “Lilli e il vagabondo” (1955), diretto da Clyde Geronimi, Wilfred Jackson e Hamilton Luske scena che ha fatto emozionare ognuno di noi. Osteria del Cinema a MilanoMolti, ma non tantissimi, sono i ristoranti in Italia dedicati al cinema, ve ne cito solo uno a Milano. Osteria del Cinema posizionato all’interno del Multisala Anteo, offre un menu costantemente allineato con gli alimenti stagionali della tradizione. E per i più esperti vi invitiamo a giocare a Indovina CHI è – 30 attrici e attori da individuare (le risposte corrette vincono il 10% di sconto) presso il ristorante. Le répas de Bebè dei Fratelli Lumière Vi saluto con un’ultima curiosità… sapete il protagonista di una delle prime pellicole dei famosi papà del cinema i fratelli Lumière? Vi dico solo “Le répas de Bebè” tradotto letteralmente “Self Catering per il Bebè”, una scena di vita familiare: un bambino imboccato dai genitori durante il pranzo e siamo nel 1895.”